Basta un’auto in doppia fila per fermare un bus a guida autonoma. Ma non solo

Basta un’auto in doppia fila per fermare un bus a guida autonoma. Ma non solo

A Torino la sperimentazione del bus a guida autonoma è più lenta del previsto. Colpa del traffico, ma anche dell’organizzazione

Esistono numerosi modi per rendere una città “smart”: uno di questi è  implementare un sistema di Trasporto Pubblico Locale automatizzato. L’esperienza che si sta riscontrando nella Città Metropolitana di Torino ci sta tuttavia facendo capire che esistono tanti nodi da sciogliere per poter attuare questa soluzione.

Il progetto “auTOnomo GTT”

Il 14 luglio 2022 la Città Metropolitana di Torino ha presentato il proprio progetto di trasporto pubblico locale completamente automatizzato, il primo in Italia. Altri progetti sono in corso, in Italia e in altri Paesi.

L’iniziativa torinese era nata nel 2020, nell’ambito del progetto europeo Show (finanziato da Horizon 2020) in collaborazione tra Gruppo torinese trasporti, l’azienda dei trasporti di Torino, Dipartimento per la trasformazione digitale, Ministero dello sviluppo economico e Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, come si chiamava all’epoca,  l’azienda Navya e Fondazione Links.

L’obiettivo di “auTOnomo GTT” – questo il nome del progetto – era sperimentare nel periodo 2022-2023 la guida autonoma su un normale percorso di linea, con i passeggeri a bordo.

Le navette – dei veicoli elettrici capaci di viaggiare in entrambi i sensi di marcia alla velocità massima di 25 Km/h e con nove ore di autonomia stimata – sono state studiate per ospitare una persona in sedia a rotelle, trasportando fino a 14 passeggeri e un operatore.

La prima fase del progetto, prevista nel periodo luglio-ottobre 2022, aveva per oggetto le prove dei veicoli e la formazione degli operatori di bordo, senza trasporto di passeggeri.

La seconda fase, prevista tra ottobre 2022 e marzo 2023, avrebbe previsto la sperimentazione con passeggeri, e la cittadinanza avrebbe potuto sperimentare questa linea, prenotando la corsa tramite un’apposita app per smartphone, anch’essa chiamata “auTOnomo GTT”.

Purtroppo, come spesso accade in ogni progetto innovativo, le cose non sono andate come ci si aspettava. Soprattutto per chi pensava che si fosse già imparato abbastanza dal clamoroso fallimento del progetto Civis di Bologna (bus a guida vincolata concepito vent’anni fa e accantonato dopo varie peripezie).

Lo stato del progetto

Sul sito del Gruppo Trasporti Torinese, insieme al comunicato stampa sulla presentazione di questa iniziativa, era presente una pagina che spiegava come fruire del servizio e che conteneva l’informativa privacy dedicata, ma oggi questa pagina web non è più disponibile.

Dell’app “auTOnomo GTT” non vi è traccia né su Google Playstore, né sull’App store di Apple.

Secondo il Contact Center di GTT , il problema di “auTOnomo GTT” è il traffico in doppia fila, che ostacola la corsia riservata al TPL.

L’attuale tecnologia utilizzata dalle navette di “auTOnomo”, infatti, sfrutta una serie di percorsi predefiniti, e non risulta avere ancora le conoscenze per effettuare l’azione di sorpasso che quasi spontaneamente effettuerebbe un autista in carne ed ossa.

Di conseguenza, se la navetta “vede” un ostacolo sul proprio tragitto, resta ferma e non si sposta, rendendo così necessario l’intervento dell’autista presente a bordo per motivi di sicurezza.

I nodi da sciogliere

Stando al Contact Center, il problema sembra risiedere nella “limitatezza” del software e nel comportamento (incivile) degli automobilisti.

Ma se l’impedimento alla realizzazione progetto sia il traffico veicolare si comprende bene come rendere un oggetto “intelligente” applicando dei sensori, degli attuatori, e inserendolo in una rete per “parlare” con altri oggetti dotati di sensori e attuatori non sia sufficiente.

Si rende necessario uno studio non solo dell’insieme delle infrastrutture all’interno del quale si intende collocarlo (in questo caso rappresentate dalla “corsia riservata”, le reti con la quale la navetta interagisce con la centrale operativa, e gli smartphones dei passeggeri), ma anche dell’attuale contesto nel quale vogliamo inserirlo.

Ma sono davvero questi gli unici nodi da sciogliere? Potremmo ragionare su una serie di fattori che, almeno potenzialmente, potrebbero ricoprire un ruolo nello stop di questo progetto, e impattare in altri progetti di mobilità.

Dal punto di vista normativo, la sperimentazione di un veicolo a guida autonoma adibito a Trasporto Pubblico Locale ha richiesto la presenza di un conducente abilitato, per garantire la sicurezza dei passeggeri e di terzi.

La necessità di una risorsa, seppur con ruolo di supervisione, richiede tempi di addestramento all’utilizzo dei comandi che consentono di guidare la navetta a guida autonoma “in modo manuale”. Tale addestramento significa inoltre un costo per l’azienda, in quanto potrebbero servire abilitazioni ulteriori alla “normale” Carta di qualificazione del conducente.

Da tale necessità di supervisione deriva inoltre un problema di gestione del personale, in quanto le risorse assegnate al veicolo a guida autonoma sono risorse “sottratte” agli altri servizi di linea, per i quali si rende conseguentemente necessario rimodulare le assegnazioni dei turni per garantire i passaggi dei mezzi.

A tale problema di risorse umane, pare inoltre affiancarsi un problema di relazioni sindacali, in quanto negli ultimi mesi si sta riscontrando all’interno del Gruppo Trasporto Torinesi una serie di scioperi. Come ad esempio quello dello scorso 7 giugno, proclamato da Unione Sindacale di Base e motivato in base a «carenza di dotazione organica nel personale viaggiante; aumento di stress da lavoro correlato conseguente ai pressanti carichi di lavoro; aumento di casi di inidoneità alla mansione e mancato ricollocamento; inaccettabilità della proposta aziendale in merito al c.d recupero produttivo».

Alle relazioni sindacali, potrebbero infine affiancarsi le scelte da parte degli organismi di Governance aziendale, che potrebbero aver deciso di dare priorità ad altri progetti.

I problemi, tuttavia, potrebbero risiedere anche in altri elementi del progetto, e non solo nell’ipotetica carenza di organico. Se infatti l’app “auTOnomo GTT” non è reperibile negli “store”, ciò potrebbe derivare dal fatto che l’applicazione stessa sia ancora in fase di sviluppo e non è pronta per soddisfare i requisiti di funzionalità ed esperienza utente, o quelli di conformità rispetto la protezione dei dati personali e la sicurezza informatica.

Conclusioni

Dall’attuale battuta d’arresto di un progetto che sulla carta pareva di celere applicazione, possiamo trarre le conclusioni che i progetti di “Smart City” devono tener in considerazione sia il come sia l’in che modo si voglia agire. Le domande che dovremmo porci quando pensiamo a una tecnologia che innovi la città dovrebbero essere:

adattare il comportamento umano alla realtà che richiede la tecnologia, oppure agire sull’evoluzione tecnologica per fare in modo che essa si adatti alla realtà umana, per quanto essa sia diversa da come viene descritta sulla carta?”;

“quali sono i fornitori e gli altri partner coinvolti in questo progetto?”. 

Giulio Ellese