Esg Legal Enforcement Costruire il futuro con la Certificazione Parità di Genere Redazione 31 May 2023 Compliance Italia News&Trend UE Un futuro con la parità di genere. L’Italia, tramite un correttivo al Codice appalti pubblici, ha introdotto la certificazione della parità di genere come incentivo premiale, in termini di punteggio, per le aziende. Cos’è la certificazione della parità di genere. Attraverso la promozione di equità e inclusione, e abbattendo le discriminazioni di genere, anche a livello normativo, si costruisce un domani più equo e progressista, per creare un ambiente in cui tutte gli individui abbiano pari opportunità di realizzare il loro potenziale, e ciò senza considerare se sono maschi o femmine. La certificazione della parità di genere rappresenta un sistema di valutazione delle aziende che si impegnano in modo attivo per promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne sul posto di lavoro. Il processo di certificazione in questione risulta, a livello della norma che la disciplina, su base volontaria, e viene svolto da organizzazioni indipendenti che valutano i dati e le politiche delle aziende conformemente a criteri predefiniti. Le aziende che comprovano i requisiti richiesti dalla normativa ricevono una certificazione ufficiale che attesta il loro impegno per la parità di genere. La normativa. La certificazione della parità di genere venne introdotta nel 2021 (legge n. 162) nel corpo normativo del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo n. 108 del 2006, art. 46-bis) con la finalità di promuovere l’equità e l’inclusione nei luoghi di lavoro, aprendo nuove prospettive per le donne e rafforzando la lotta contro le discriminazioni di genere. Start dal 2022. A decorrere dal 1° gennaio 2022 è stata quindi istituita la certificazione della parità di genere allo scopo di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione a tre aspetti normativamente identificati: alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Al contempo, la legge del 2021 ha istituito, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da esperti e rappresentanti: del Dipartimento per le pari opportunità, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, sindacali, individuati secondo modalità definite con D.P.C.M. o del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e col Ministro dello sviluppo economico. L’iter per il rilascio. Tale certificazione è rilasciata su base volontaria e dietro istanza dell’azienda ad opera degli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 in conformità alla prassi UNI/PdR 125:2022 del 16 marzo 2022 (decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia 29 aprile 2022). Validità. La certificazione è valida 3 anni, ma al contempo risulta assoggettata a monitoraggio annuale. Gli ostacoli al conseguimento. Impediscono il conseguimento della certificazione della parità di genere: il rifiuto, l’opposizione, l’ostacolo, ad opera del datore di lavoro, all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro e delle disposizioni del d.lgs. n. 105/22, ove rilevati nei 2 anni anteriori all’istanza di certificazione. L’origine normativa. Il decreto n. 105, vigente dall’agosto 2022, aveva infatti dato attuazione alla Direttiva UE 2019/1158, finalizzata ad armonizzare l’attività lavorativa e la vita privata dei genitori e delle prestatrici e dei prestatori di assistenza. L’ottica è stata quella della parità di genere e di equa ripartizione dei carichi familiari. I benefici della Certificazione. La certificazione della parità di genere offre una serie di benefici e opportunità, in particolare per le aziende e per i dipendenti, e più in generale per la società nel suo insieme: per le aziende rappresenta una forma di riconoscimento per l’impegno nella promozione dell’uguaglianza di genere e può fungere da vantaggio competitivo, attirando talenti e investitori sensibili a tali questioni; ai dipendenti garantisce un ambiente di lavoro più equo e inclusivo, promuove la diversità e l’uguaglianza di opportunità, consentendo alle donne di accedere a ruoli di leadership e di crescita professionale in modo maggiormente equilibrato, e con ciò contribuendo a una maggiore soddisfazione lavorativa e a una migliore qualità della vita per le donne impiegate nelle aziende in questione; rispetto alla società nel suo insieme si inserisce nel contesto culturale che promuove l’uguaglianza di genere come valore fondamentale, poiché incentivando le aziende a lavorare per eliminare le disuguaglianze di genere contribuisce alla creazione di un ambiente in cui alle donne vengono fornite maggiori opportunità di sviluppo e successo, al contempo contribuendo a combattere i cliché di genere e a superare i pregiudizi. Il nuovo Codice appalti. Il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, attuando la legge delega 21 giugno 2022, n. 78, reca il nuovo Codice dei contratti pubblici che andrà a sostituire il codice del 2016 (d.lgs. n. 50/2016). La vigenza è stata fissata al 1° aprile 2023 tuttavia, per esplicita previsione dell’articolo 229 (del medesimo codice appalti di cui al d.lgs. n. 36/2023), le relative disposizioni saranno operative dal 1° luglio 2023. Criteri per aggiudicazioni e affidamenti. E’ l’articolo 108 a elencare i criteri per l’aggiudicazione degli appalti e l’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee. E ciò facendo riferimento all’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sul miglior rapporto qualità/prezzo ovvero sull’elemento prezzo o del costo. Il comma 7 dello stesso articolo 108 prevede che i documenti di gara ovvero, in ipotesi di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, devono indicare i singoli criteri di valutazione e la relativa ponderazione, prevedendo pure un range ove lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato. Principi e finalità. In linea col diritto UE e coi principi di: parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, possono essere stabiliti criteri premiali preordinati a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell’offerta. Ma anche a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l’affidamento a operatori economici aventi sede operativa nell’area territoriale di riferimento. E’ il comma 7 a trattare la tutela della parità di genere. La versione primigenia del comma 7. Nella versione primigenia veniva disposto che le stazioni appaltanti dovessero prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, un maggior punteggio da attribuire alle imprese che avessero attestato, pure tramite autocertificazione, il possesso dei requisiti fissati dall’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. n. 198/2006). Per l’effetto, sulla stessa stazione appaltante ricadeva l’incombenza della verifica dell’attendibilità dell’autocertificazione dell’impresa aggiudicataria attraverso qualsiasi mezzo adeguato. La certificazione entra nel nuovo Codice Appalti. Il decreto-legge 29 maggio 2023, n. 57, che reca “Misure urgenti per gli enti territoriali, nonché per garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il settore energetico”, entrato in vigore il 30 maggio, come già sopra anticipato, ha inserito nel nuovo codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 36/2023, articolo 108, comma 7, sui criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture) un meccanismo premiale. In dettaglio, nella finalità di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti dovranno prevedere nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere. Quest’ultima deve essere comprovata dal possesso della relativa certificazione (di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, d.lgs. n. 198/2006). Questione di punti. In altre parole, a decorrere dal 30 maggio 2023 (entrata in vigore del d.l. n. 57/23) la concessione è assoggettata a dei criteri premiali, da parte delle stazioni appaltanti, al possesso della certificazione della parità di genere per l’aggiudicataria. E ciò in quanto il correttivo ha disposto che le stazioni appaltanti prevedano: nei bandi di gara, negli avvisi, negli inviti, il maggior punteggio da assegnare alle imprese che adottano politiche preordinate al raggiungimento della parità di genere, comprovate dal possesso della relativa certificazione. Bando all’autocertificazione sulla parità di genere. In considerazione dello spiegato meccanismo di premialità nei bandi, alle aggiudicatarie è interdetta la strada dell’autocertificazione del possesso dei requisiti richiesti per l’ottenimento della certificazione in questione. Pertanto, risultano oggi obbligate a possederla in modo effettivo. Obiettivo uguaglianza effettiva. Il correttivo in parola rappresenta un ulteriore step nel processo di implementazione di politiche efficaci tese all’eliminazione delle discriminazioni di genere. Ma anche di sensibilizzazione ed educazione della società in ordine ai benefici dell’uguaglianza di genere, nella direzione del cambiamento culturale a lungo termine. Promuovendo l’equità, l’inclusione e l’eliminazione delle discriminazioni di genere, anche a livello normativo, si costruisce un futuro più equo e progressista. E tutto ciò per creare un ambiente in cui tutte le persone abbiano pari opportunità di realizzare il loro potenziale, indipendentemente dal loro genere.