Con 45.000 punti di ricarica, il target di elettriche è utopia

Con 45.000 punti di ricarica, il target di elettriche è utopia

Nel 2021, quando il Governo Draghi ha presentato il Piano nazionale ripresa resilienza, sono piovute le critiche riguardo al target di auto elettriche circolanti in Italia nel 2030: 4,3 milioni. Troppe. E pochi i punti di ricarica.

Pochi punti di ricarica: difficile la missione di Draghi e Meloni

A sorpresa l’Esecutivo Meloni ha appena ribadito quell’obiettivo nella proposta di aggiornamento del Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima) inviata a Bruxelles. Che cosa non convince? Oggi, siamo a 200.000 elettriche circolanti: una miseria. Pesano i 45.000 punti di ricarica (fonte Motus-E) lungo lo Stivale, che sono pochi. Si era quasi a zero nel 2018, ma per far lievitare le vetture a corrente occorre i connettori salgano almeno a 110.000 fra sette anni. Con questo ritmo di crescita, entrambe le missioni paiono impossibili.

Punti di ricarica, siamo indietro

Nella nostra nazione, la transizione energetica della mobilità è ai primordi, contro una fase già avanzata di big europei come Francia, Germania e Gran Bretagna.

Manca inoltre un cronoprogramma, con le varie tappe di avvicinamento negli anni: una sorta di curva a salire in un grafico che riporti elettriche e punti di ricarica. Assenti il costo d’investimento a quello d’esercizio in fatto di manutenzione delle infrastrutture di ricarica. Nulla sulle distanze fra una colonnina e l’altra, sulle potenze e sulle tempistiche.

Vendite di auto elettriche a rilento

Oltretutto, le vendite di elettriche di luglio 2023 sono state davvero deludenti: 6000, con una quota mercato del 6%, su un totale mercato che già di per sé lascia l’amaro in bocca. Contro un 18-19% di Francia, Germania e Gran Bretagna.

Esiste poi la strozzatura burocratica di quei 45.000 punti di ricarica: spesso, non c’è il collegamento alla rete elettrica da parte del distributore di energia. Mancano le autorizzazioni. E individuare con esattezza le responsabilità è difficilissimo. Grosso modo, il 23% dei Charging Point non è attivo, per ragioni misteriose. Pertanto, si scende a 35.000. Dopodiché, bisogna sottrarre gli atti di vandalismo, le inefficienze, la mancanza momentanea di corrente…

Tesla fa storia a sé, coi suoi Supercharger ultrarapidi e sempre in ordine. Ma per tutte le altre elettriche, qui in Italia sono dolori a livello di connettori pubblici. Dopodiché, esiste il guaio della potenza, visto che la maggior parte delle colonnine sono lente: così, l’esperienza del pieno di elettroni resta lontanissima da quella del rifornimento di benzina.

Sul fronte autostrade, andiamo di male in peggio: solo 657 punti di ricarica. Qualcosa meglio sul fronte wallbox, con le 400.000 stazioni domestiche conteggiate da Motus-E.

Quali provvedimenti sarebbero utili

Resta da capire se saranno sbloccati i fondi del Pnrr per le colonnine sulle strade extraurbane: forse, da qui potrebbe esserci un impulso per la nuova mobilità.

Non ultimo, possono essere utili stimoli come una politica di defiscalizzazione a favore specie delle flotte per le elettriche. Sarebbe utile pure un incentivo a salire, tanto più premiante quanto meno inquinante è la vettura, sino a un bonus massimo per le vetture a elettroni.