Enforcement Interconnessione tecnologica delle Polizie locali per città smart e in sicurezza Silvestro Mar... 20 September 2024 Interconnessione, interoperabilità tra banche dati e servizi, tra uomini e tecnologia, questo è il paradigma del momento, e coinvolge inevitabilmente tutti, anche le polizie locali, nonché nazionali, in materia di sicurezza, ma non solo. Dando uno sguardo ai limiti del binomio “interconnessione e sicurezza”… Il tema della sicurezza è oggetto di una bagarre politica continua, realmente “sempre sul pezzo”, non limitandosi quindi al solo periodo elettorale. Nell’ultimo lustro, a questo termine, si è andato accostando sempre più “interconnessione”, oppure, con eccezioni assolutamente congruenti, “interoperabilità”. Prescindendo che i due temi – appunto “sicurezza e interconnessione”, che potrebbero anche definirsi delle macro aree – siano effettivamente contigue, hanno origini e sviluppi differenti, ma diverse sono anche le criticità che le ostacolano concretamente. Prima di affrontare le opportunità che questa combinazione offre, è il caso di scoprire (meglio, di “riscoprire”) quali siano le limitazioni appena accennate e che, per onestà intellettuale di quest’autore, potrebbero anche sintetizzarsi nel duo “politica e tecnologia”. Il motivo di questo “j’accuse” nasce dalla realtà quotidiane che vivono le polizie locali: una sorta di limbo amministrativo. Agenti di polizia, ma a competenza limitata, seppur (ossimoro) queste siano speculari a quelle delle forze nazionali (eccezion fatta per tutela frontiere e migrazione) e anche di gran lunga più pervasive, rispetto alla vita di prossimità del cittadino. La ben nota limitazione spazio/temporale (artt 55 e ss cpp, per esempio) di fatto è legata alle caratteristiche contrattuali nonché – probabilmente – alle capacità operative esprimibili da un singolo comando che, di fatto, è autocefalo, quindi senza ulteriori radicazioni territoriali. Posto il problema di organico e di strutturazione dei reparti, anche laddove questi vulnus non sono avvertiti, come avviene tipicamente nei grandi centri urbani, dove l’attività operativa conta su eccellenze – per esempio – nel contrasto al falso documentale e negli accertamenti economici, le criticità avvertite rimangono (tra le altre): accesso al sistema d’indagine informatizzato, senza particolari limitazioni operative; pagamento delle tasse di proprietà dei veicoli di servizio; pagamento delle tasse di concessione per le frequenze radio. Ed ecco che il combinato tra la politica e la tecnologia si comincia a fare avanti. I limiti della politica: da quelli ideologici ai tecnici Dall’accesso a SDI, per esempio, è possibile, per la pattuglia operante, apprendere i precedenti del soggetto con cui si sta interfacciando, perché la polizia locale non è solo controllo della circolazione stradale. Vero che nel corso del tempo vi sono stati un susseguirsi di provvedimenti normativi e di circolari, del Ministero dell’Interno, che hanno favorito l’accesso a SDI, seppure sempre in maniera residuale (specie in favore delle città metropolitane, stante taluni limitazioni). Come detto è un limite di carattere politico, ed è anche la Corte Costituzionale a suggerire ciò, ma non solo, anche Autorità nazionali indipendenti. A riprova di quanto precede è bastevole dare una lettura veloce alla sentenza n. 236/2020, continuando con la disanima di pareri espressi dal Garante della Privacy circa l’utilizzo di device e banche dati. Andando per ordine. Se la Corte Costituzionale ricorda che l’ordine pubblico è appannaggio dello Stato, quindi nega la possibilità di creare autonome basi dati utili per il controllo del territorio, rimandando agli organi di raccordo infra-provinciali esistenti, l’esame di eventuali criticità, il Garante Privacy – seppur su temi differenti – si è espresso nei medesimi termini (almeno a grandi linee). Si pensi al controllo del territorio in abbinamento al riconoscimento facciale. Si tratta dei casi di Lecce e Arezzo. Prim’ancora era stato il Comune di Como a predisporre un sistema di videosorveglianza con funzioni di riconoscimento facciale in un parco vicino alla locale stazione ferroviaria. Il Garante, con provvedimento del 26 febbraio 2020, ha inibito il trattamento dati così effettuato, è stata poi la volta di Torino, con Argo, e Roma, in attesa del Giubileo. I limiti in questo caso interessano una duplice moratoria: da un lato, quella esistente fin tutto il 2025, sul riconoscimento facciale (salvo per utilizzo consentito da AG); d’altro canto, invece, è sovente la mancanza del necessario framework a supporto delle progettualità dell’ente locale. Esempio di quest’ultimo, prima di passare agli aspetti positivi che potrebbero essere enfatizzati, è Trento e l’utilizzo dell’IA, in assenza di idonee informative, DPIA, ma anche per via della cornice normativa assolutamente distorta rispetto alla mission dell’ente locale (la ricerca scientifica). Interconnessione e sicurezza, riparliamone… La smart city è la città del nostro tempo, è la città che si è evoluta con le nuove tecnologie e fa sì che le stesse aiutino l’utente, quindi il cittadino, a fruire dei propri servizi (dalla comunicazione alla mobilità, dalla sicurezza alla qualità della vita). La PA sta spingendo tanto sulla digitalizzazione. Ovviamente, anche in questo caso, i limiti sono di due tipi: budget dell’Amministrazione, al netto che questo viene interessato dal PNRR; vision dell’Amministrazione stessa. Senza una “visione” del come volersi evolvere non si potrà mai ottenere alcun miglioramento, così è “nella vita di comunità”, al pari di una “politica aziendale”, e in questo, in generale, rientra anche il capitale umano, altro tasto dolente, soprattutto per gli Enti locali (ponendo anche un limite agli scavalchi, vero freno alle assunzioni). La polizia locale, per essere veramente al passo, con i tempi ha bisogno, quindi: di formazione continua; e bene hanno fatto talune regioni a investire nella fondazione di Scuole regionali e/o interregionali di Polizia locale (Campania, Puglia, Emilia Romagna/Toscana/Liguria; Abruzzo, sono un esempio); di accesso alla banca dati SDI. L’Agente deve conoscere pienamente gli eventuali precedenti penali a carico dell‘individuo con cui si rapporta e deve poter verificare le targhe estere in autonomia, al pari della proprietà dei veicoli nazionali; riorganizzare l’estrema parcellizzazione della sicurezza urbana, ricorrendo con maggiore convinzione a servizi associati di polizia, tra più enti, ampliando i territori dove operano i singoli corpi, così da avere un controllo più ampio di un territorio dove, magari in futuro, si arriverà ad avere una cooperazione concreta sullo stile della Catalogna. Certamente aiuterebbe una riforma costituzionale in chiave federale ma l’argomento sicurezza non viene mai affrontato in chiave globale se non per meri “pacchetti” e disegni di legge. Ancora, si punti a un più spinto trinomio sicurezza operatore/tecnologia/condivisione informativa. Si pensi agli ossimori che vengono creati da un eccessiva burocratizzazione: ANPR e gli archivi anagrafici dei singoli Comuni, per esempio. L’alimentazione delle anagrafi è ovviamente appannaggio degli Enti locali ma, di contro, questo è un servizio che viene reso dagli stessi per conto dello Stato. Il graduale processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione ha portato a un database condiviso, ANPR, appunto, con il Ministero dell’Interno che redige apposita convenzione per la fruizione con il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, per la creazione di un link accessibile da SDI (chiaramente sempre una database in parte utilizzabile dalle polizie locali). Più tecnologia, anche con un occhio alla privacy, quindi allo studio di una valutazione di impatto, alla stesura per i disciplinari di impiego, al rispetto delle norme sulla sicurezza per gli operatori. Sulla base di questo connubio è possibile adottare strumenti dissuasivi ma, nel contempo, utili a freezare lo stato delle cose e dei luoghi: quindi “via all’occhio elettronico”: dashcam, bodycam, droni. Strumenti che non sono impossibili da introdurre nel circuito operativo di un comando all’avanguardia, al pari di dotazioni operative come il taser, magari abbinato a bodycam che si attiva in automatico al momento dell’estrazione della particolare pistola a impulsi elettrici. Ovviamente vi possono essere dei distingui operativi, per esempio il drone, per volare senza le limitazioni tipiche del privato, deve divenire “velivolo di stato” e bisogna argomentare le motivazioni alla base di quella dotazione. Anche la circolazione stradale può essere valorizzata dalla digitalizzazione. I nuclei d’infortunistica stradale di una smart city utilizzano sistemi di misurazione laser 3d, un sistema snello e portatile (interfaccia tramite tablet), in grado di acquisire tutte le informazioni utili alla stesura della documentazione necessaria per i rilievi da incidenti stradali (fotografico, planimetrico). La tecnologia aiuta l’operatore nella precisione (anche con modulo gps) della propria condotta, ma permette di operare anche con velocità, permettendo di interrompere la circolazione per breve tempo. I rilievi da bidimensionali diventano, appunto, tridimensionali: nativi digitali, con la comodità che tutto ciò comporta il movimentare dei “semplici, ma significativi, file”. Sostanzialmente: nella smart city ideale si dovrà ricercare una maggiore integrazione delle funzioni tra i corpi di polizia locale e dello Stato, ma questo si potrà ottenere solo quando entità sindacali, associazioni di categoria (ANCI e UPI in testa) e le necessarie pressioni politiche, sui decisori locali, porteranno a infrangere i discussi “tetti di cristallo”, privi di senso pragmatico, cui fa seguito un maggior livello tecnologico. A questo proposito, e si conclude, gli enti territoriali debbono sempre più riferirsi ai Responsabili per la Trasformazione Digitale e ai Responsabili per la Protezione dei Dati, in un mondo che viene piacevolmente stravolto da progettualità del tipo 5G, significando una connessione potente e stabile, ma anche con un Italia a 1 giga, soglia minima per garantire una banda competitiva. Le connessioni diventano fondamentali per le comunicazioni quindi per le centrali operative, moderne controll room. Si pensi al coordinamento non solo delle unità di polizia locale, e al raccordo con le altre FF.PP, ma anche con gli altri servizi municipali (elettricità, pulizia strade, servizi giardinaggio, protezione civile, trasporti, per citarne alcuni) e terzi (si pensi alle ferrovie). Quanto sopra è facilmente tratteggiabile grazie all’evoluzione registrata, nel tempo, a Palermo, a Firenze, per esempio, ma anche a L’Aquila. Tutte realtà, dove, il rifacimento della sala operativa è solo stato il primo passaggio verso progettualità più ardite, davvero tipiche delle smart city, con una forte partnership pubblico-privato, specie in ambito telco, perché la smart city non è solo videosorveglianza ma anche universo cloud e datacenter. Silvestro Marascio