Jammer per disturbare le comunicazioni della pattuglia, una vicenda in Cassazione

Jammer per disturbare le comunicazioni della pattuglia, una vicenda in Cassazione

Il delitto di installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni (art. 617-bis c.p.) sanziona la condotta di chi predispone apparecchiature (c.d. jammer) finalizzate a intercettare o impedire conversazioni telegrafiche o telefoniche altrui. Lo precisa la V Sezione Penale della Corte di Cassazione nella Sentenza del 12 luglio 2024. n. 28084.

La condanna per l’utilizzo del jammer

La Corte di appello aveva confermato la sentenza del Tribunale con la quale un uomo era stato condannato a 1 anno di reclusione per il delitto di “Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature e di altri mezzi atti a intercettare, impedire o interrompere comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche” (art. 617-bis c.p.), per avere tenuto, fuori dai casi consentiti dalla legge, nell’autovettura da lui condotta, in un cassetto lato posto-guidatore, un disturbatore di frequenza c.d. jammer, in funzione, al fine di impedire le comunicazioni telefoniche e via radio tra altre persone, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto in danno di pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, disturbando le comunicazioni via radio della pattuglia della volante di un commissariato.

La fattispecie codicistica

Nel rigettare il ricorso interposto dall’uomo, la Cassazione precisa che il delitto di installazione di apparecchiature atte a intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni, previsto dall’art. 617-bis c.p., sanziona la condotta di chi predispone apparecchiature finalizzate a intercettare o impedire conversazioni telegrafiche o telefoniche altrui.

Gli orientamenti

Per la giurisprudenza di legittimità esso si configura soltanto se l’installazione è finalizzata a intercettare o impedire comunicazioni tra persone diverse dall’agente. Pertanto, il delitto non ricorre nell’ipotesi in cui si utilizzi un jammer al fine di impedire l’intercettazione di comunicazioni, sia tra presenti che telefoniche, intrattenute dal soggetto che predispone l’apparecchio (Sez. 6, n. 39279 del 16/05/2018).

Inoltre, il delitto in parola si configura come un reato di pericolo che si perfeziona al momento della mera installazione degli apparecchi disturbatori di frequenze e, dunque, anche nel caso in cui essi non abbiano funzionato o non siano stati attivati (Sez. 5, n. 1834/2021).

Il disturbo delle comunicazioni

Nel caso in esame, dalle annotazioni di polizia giudiziaria acquisite agli atti, è emerso che l’uomo aveva occultato, nell’autovettura su cui viaggiava, un jammer, col quale erano state disturbate le comunicazioni radio tra la centrale operativa tra una Questura e la pattuglia che lo seguiva, allertata dalla segnalazione di un rappresentante di gioielli che aveva notato come l’autoveicolo dell’imputato lo seguisse in modo sospetto.

E dal momento che tali comunicazioni radio risultavano tanto più disturbate quanto più la vettura in uso alla polizia giudiziaria si avvicinava al veicolo condotto dall’imputato, le sentenze di merito hanno concluso che il jammer fosse stato attivato proprio per ostacolare eventuali comunicazioni tra le Forze di polizia che lo avessero avvicinato e la centrale operativa della Questura.

La tesi difensiva

Tale motivazione, congrua e logica per la Cassazione, è stata avversata dal ricorrente mediante la mera prospettazione di una lettura alternativa del materiale probatorio, ipotizzando, senza peraltro offrire alcun riscontro alla tesi difensiva, che il disturbatore fosse finalizzato a impedire che taluno potesse ascoltare quanto accadeva all’interno dell’auto dell’imputato.

Neppure è stata ritenuta fondata l’argomentazione difensiva che evidenzia il mancato esperimento di una perizia volta ad accertare l’effettivo funzionamento del dispositivo, tenuto conto di quanto riferito dai testi in ordine all’accentuarsi dell’effetto di disturbo mano a mano che il veicolo degli operanti si avvicinava alla vettura condotta dall’imputato.

Circostanza che ha condotto i Giudici di merito ad affermare l’effettivo funzionamento del jammer.

L’inoperatività delle attenuanti generiche

La Cassazione rammenta che l’applicazione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio, pervenendo alla determinazione di una pena più adeguata in rapporto alla gravità del fatto e alla personalità dell’Imputato.

Nel caso di specie, invero, la richiesta era stata fondata sul fatto che l’uomo avesse prestato il proprio consenso all’acquisizione di dichiarazioni predibattimentali ai sensi dell’art. 512 c.p.p.; condotta processuale che, tuttavia, è stata ritenuta mera espressione di una strategia difensiva, sicché la stessa non è stata considerata meritevole di positivo apprezzamento (Cassazione, n. 22/2021).

Al contempo, la valutazione compiuta dalla Corte territoriale ha valorizzato le particolari modalità della condotta, atteso che il reato è stato commesso durante l’espiazione di una condanna in regime di detenzione domiciliare da parte dell’imputato; nonché i non modesti precedenti penali dell’uomo, sicché anche sotto tale profilo le censure sono state considerate infondate.