Project financing e allocazione del rischio

Project financing e allocazione del rischio

In ordine alla possibilità, o meno, che nel project financing si possa avere un’allocazione del rischio in capo alla parte pubblica concedente, la Corte d’Appello di L’Aquila (sentenza n. 303 del I° marzo 2024) è stata chiamata a pronunciarsi in merito, propendendo per la tesi negativa. 

Una forma di partenariato

Il project financing presenta, come elemento essenziale, quello di porre a carico dei soggetti promotori, ovvero aggiudicatari, i costi necessari alla progettazione e all’esecuzione dei lavori, garantendo loro, quale unica controprestazione, il diritto alla gestione funzionale, e allo sfruttamento economico, delle opere poste in essere.

Si tratta di una forma di partenariato pubblico-privato ove l’iniziativa viene assunta dall’operatore economico, denominato promotore, il quale cerca di “intercettare”, con una propria spontanea proposta, una domanda di beni e servizi, che implica la realizzazione di opere pubbliche, ancora inespressa dal soggetto pubblico.

La valutazione della proposta

In prima battuta la proposta deve essere valutata dal soggetto pubblico in punto di rispondenza all’interesse pubblico e di fattibilità e, nell’ipotesi in cui sia valutata in senso positivo, può essere posta a base di una gara per l’affidamento dei lavori, nella quale lo stesso promotore del progetto prescelto godrà di una posizione privilegiata, potendo esercitare, al ricorrere di determinate condizioni, un diritto di prelazione.

Il project financing nel nuovo Codice degli Appalti

Dal I° luglio 2023, data di operatività del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) l’istituto del project financing risulta regolato dal complesso articolo 193 che, in ben 11 commi, contempla essenzialmente la sola iniziativa privata, al contempo tendendo alla semplificazione dell’intera procedura.

Agli operatori economici, più in dettaglio, è concessa la possibilità di presentare, agli enti concedenti, proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori o servizi, e ciascuna proposta contiene:

  • un progetto di fattibilità,
  • una bozza di convenzione,
  • il piano economico-finanziario asseverato,
  • la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.

L’ente concedente valuta, entro 90 giorni dalla presentazione della proposta, la fattibilità della medesima, invitando, se necessario, il promotore ad apportare al progetto di fattibilità le modifiche necessarie per la sua approvazione.

Se il promotore non apporta le modifiche richieste, come eventualmente rimodulate sulla base di soluzioni alternative suggerite dallo stesso promotore per recepire le indicazioni dell’ente concedente, la proposta è respinta.

L’ente concedente conclude la procedura di valutazione con provvedimento espresso, pubblicato sul proprio website istituzionale e oggetto di comunicazione ai soggetti interessati.

Il progetto di fattibilità, una volta approvato, è inserito tra gli strumenti di programmazione dell’ente concedente, ed è posto a base di gara nei tempi previsti dalla programmazione.

Il criterio di aggiudicazione è l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo.

L’imprinting unionale

I togati abruzzesi hanno analizzato la disciplina normativa, sia di diritto interno (tenendo conto che al verificarsi dei fatti di causa vigeva l’articolo 153 del d.lgs. n. 163/2006) che quella di indole comunitaria, cioè la Direttiva 2014/23/UE, optando per la tesi di segno negativo, quindi ritenendo nulle le clausole negoziali che trasferiscono alla parte concedente il rischio di gestione.

In particolare, i paragrafi 11 e 19 della direttiva 2014/23/UE, prevedono che:

  • “Le concessioni sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo. Essi possono, ma non devono necessariamente, implicare un trasferimento di proprietà alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori, ma i vantaggi derivanti dai lavori o servizi in questione spettano sempre alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori”;
  • “la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva”.

L’allocazione del rischio

E’ quindi di chiara evidenza, alla luce della peculiarità del project financing, come tratteggiata non solo dalla normativa di diritto interno, ma anche da quella comunitaria, che il rischio della gestione del contratto non può che ricadere sul soggetto concessionario e, di conseguenza, eventuali condizioni praticate a svantaggio della parte pubblica concedente non possono trovare operatività poiché, nella sostanza, comporterebbero uno sviamento della finalità anche pubblicistica sottesa all’adozione dello strumento negoziale in questione.

Ammettere un’allocazione del rischio in capo alla parte pubblica concedente, secondo i giudici territoriali abruzzesi, equivarrebbe a privare l’operazione di project financing della sua indole giustificativa e, in ogni caso, determinerebbe un modello collidente con le finalità pubblicistiche che presiedono l’istituto, e che si rinvengono nel rappresentare una modalità nuova di reperimento di risorse per la realizzazione di opere pubbliche, ovvero per la gestione di servizi di rilevanza pubblica con contenimento dei costi per la finanza pubblica.

Laura Biarella