L'incredibile mappa satellitare che grazie all'AI mostra "l'affollamento" degli oceani

L’incredibile mappa satellitare che grazie all’AI mostra “l’affollamento” degli oceani

I progressi dell’intelligenza artificiale hanno permesso ai ricercatori di sfruttare le immagini satellitari per creare delle mappe dettagliate dove vengono messe in evidenza tutte le attività umane in mare. È stato così possibile rivelare l’entità della pesca clandestina e il boom dello sviluppo energetico offshore

Qual è l’impatto dell’attività umana sugli oceani?

Quanto sono antropizzati gli oceani e che tipo di attività vengono effettuate?

A questa e ad altre domande rispondono le nuove dettagliatissime immagini satellitari che mostrano l’attività umana in mare con una precisione mai vista prima.

Nello specifico, nella ricerca condotta dall’organizzazione no-profit Global Fishing Watch, è possibile vedere le operazioni di pesca clandestina, che evidenziano che tre quarti dei pescherecci industriali non sono tracciati.

Inoltre, è stato possibile individuare lo stato dello sviluppo energetico offshore e le piattaforme petrolifere presenti.

Le mappe sono state pubblicate sulla rivista Nature.

La potenza dell’Intelligenza Artificiale 

Come riportato su TheVerge, la realizzazione di queste mappe dettagliate è stato possibile grazie ai nuovi strumenti di apprendimento automatico sviluppati come software open-source e impiegati per elaborare le immagini satellitari globali.

Il team di ricerca ha analizzato 2.000 terabyte di immagini provenienti dalla costellazione satellitare Sentinel-1 dell’Agenzia Spaziale Europea, che utilizza strumenti radar avanzati per osservare la superficie della Terra.

Il radar è in grado di penetrare le nuvole e di “vedere” nel buio, ed è stato in grado di individuare attività in mare aperto che l’AIS (sistema di identificazione automatica marittima) non aveva notato.

Finora, Global Fishing Watch e altre organizzazioni si sono basate principalmente sul sistema di identificazione automatica marittima (AIS) per vedere cosa succede in mare.

Il sistema traccia le imbarcazioni dotate di una scatola che invia segnali radio; questi dati sono stati utilizzati in passato per documentare la pesca eccessiva e il lavoro forzato sulle navi.

Tuttavia, il sistema presenta notevoli limitazioni; i requisiti dell’AIS variano a seconda del Paese e del tipo di imbarcazione, inoltre, è piuttosto semplice che qualcuno spenga l’apparecchio quando vuole evitare di essere individuato, o che navighi in luoghi in cui dove il segnale è scarso.

La pesca clandestina individuata grazie all’AI

Con il rosso sono evidenziate le coste con il maggior numero di pescherecci che in precedenza sfuggivano ai sistemi di tracciamento pubblici | Credit: Global Fishing Watch

Poiché 2.000 terabyte sono una quantità enorme di dati da analizzare, i ricercatori hanno sviluppato tre modelli di deep learning per classificare ogni imbarcazione rilevata, stimarne le dimensioni e distinguere i diversi tipi di infrastrutture offshore.

Hanno monitorato circa il 15% degli oceani del mondo, dove si svolge il 75% dell’attività industriale, prestando attenzione sia ai movimenti delle imbarcazioni che allo sviluppo di strutture offshore fisse, come piattaforme petrolifere e turbine eoliche, che sono state analizzate tra il 2017 e il 2021.

In questo modo il team di ricerca ha riscontrato un intenso traffico di imbarcazioni in aree che in precedenza mostravano scarsa attività nei sistemi di tracciamento pubblici, e, nello specifico, intorno all’Asia meridionale e sudorientale e alle coste settentrionali e occidentali dell’Africa.

Per individuare le infrastrutture offshore nelle acque costiere di sei continenti sono stati analizzati duemila terabyte di immagini satellitari, dove si concentrano più di tre quarti delle attività industriali. Credit: Global Fishing Watch

Sul fronte dell’eolico offshore, si può notare che le postazioni sono presenti al largo delle coste dell’Europa settentrionale e della Cina.

Le strutture petrolifere, il cui numero è cresciuto del 16% nei cinque anni presi in esame, sono circondate da molte più imbarcazioni rispetto alle turbine eoliche.

Questo perché le cosiddette navi cisterna vengono utilizzate per trasportare il petrolio a terra in alternativa agli oleodotti.

Quali oceani proteggere?

Per proteggere al meglio gli oceani e le zone di pesca, i responsabili politici hanno necessità di disporre di un quadro più preciso di dove le persone sfruttano le risorse in mare.

Ecco perché uno strumento come questo predisposto dai ricercatori del Global Fishing Watch è di fondamentale importanza.

Nell’ambito del Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming-Montreal adottato lo scorso anno, quasi tutte le nazioni del pianeta hanno concordato l’obiettivo comune di proteggere il 30% delle terre e delle acque della Terra entro il 2030.

Emiliano Ragoni