Esg Tech Legal Misc Bodycam per la polizia locale: l’attività di indagine non è la soluzione a tutto Gianluca Sivieri 28 August 2023 Valutazione di impatto e consultazione preventiva per le telecamere indossabili, facciamo chiarezza Compliance Device Italia Privacy UE Sempre più spesso l’attività di indagine in ambito penale, la cosiddetta “polizia giudiziaria” viene considerata l’estremo rimedio per giustificare determinate prassi a volte al limite del giuridicamente consentito. Un po’ come fosse il tappeto degli interessi considerati più rilevanti, sotto cui nascondere la polvere di quelli soggettivamente ritenuti meno meritevoli. La stessa cosa vale anche per l’impiego di tecnologie, come quelle della videosorveglianza: non solo le telecamere tradizionali e i varchi, ma anche l’uso di fototrappole – con facile ricorso agli ausiliari di polizia giudiziaria, ad esempio – e, soprattutto di bodycam. Queste ultime, in particolare, hanno visto negli anni recenti, un rapido passaggio dall’impiego disinvolto e privo di preoccupazioni in tema di privacy, a posizioni nettamente contrapposte circa la loro utilizzabilità da parte delle polizie locali. Tra GDPR e LED: individuare la finalità del trattamento La recente normativa unionale ha distinto in modo netto i trattamenti di dati personali in ambito “penale”[1], da tutte le altre tipologie di trattamento. Di fatto la Direttiva Ue 2016/680 (anche conosciuta come LED – Law Enforcement Directive), attuata in Italia dal D.Lgs. 51/2018, disciplina nello specifico i trattamenti con finalità preventive e repressive in materia penale, plasmando le regole generali contenute nel Regolamento Ue 2016/679 ad un ambito particolare. Un’evoluzione non indifferente rispetto alla versione pre-2018 del Codice Privacy, che al Titolo II, Capo I (oggi abrogato), in cinque articoli (dal 53 al 57), liquidava i “Trattamenti da parte di forze di polizia”. In realtà, già all’epoca la disciplina aveva fatto discutere e aveva portato il Garante ad esprimersi nel Provvedimento in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010: al terzo paragrafo del punto 5.1. (Sicurezza urbana), infatti l’Autorità Garante ha precisato che “Non spetta a questa Autorità definire il concetto di sicurezza urbana e delimitarne l´ambito operativo rispetto a quelli di ordine e sicurezza pubblica; pur tuttavia, resta inteso che, nelle ipotesi in cui le attività di videosorveglianza siano assimilabili alla tutela della sicurezza pubblica, nonché alla prevenzione, accertamento o repressione dei reati, trova applicazione l´art. 53 del Codice”. Ora però, la considerazione deve essere fatta in relazione all’ambito disciplinato dal D.Lgs. 51/2018: la norma lascia meno spazio a interpretazioni, ma in ogni caso porta a pericolose sovrapposizioni tipiche dell’attività di polizia. Da un lato l’attività di indagine di polizia giudiziaria vera e propria, che sicuramente ricade nell’ambito dei trattamenti disciplinati dal D.Lgs. 51/2018, dall’altro tutte quelle forme di sicurezza (pubblica, urbana) che oscillano sul confine tra polizia amministrativa e prevenzione dei reati. Quindi, adattando ai tempi moderni, le considerazioni del Garante risalenti al 2010 e poi riprese nel 2017[2], possiamo dire che la differenza di disciplina di riferimento non deve essere ricercata attraverso la definizione del “tipo” di polizia (nazionale o locale) che svolge il trattamento, ma piuttosto sulla base delle finalità perseguite per quello specifico trattamento. I provvedimenti del 2021 e la questione consultazione preventiva Perché è importante individuare la disciplina di riferimento? Domanda piuttosto banale, ma se da un lato l’attività di indagine di polizia giudiziaria appare il più delle volte un ambito in cui vi è maggiore spazio di manovra per gli operatori, dall’altro, con l’intervento della Direttiva 680 e del D.Lgs. 51/2018 si aggiungono oneri specifici. È infatti pacifico che entrambe le norme prevedono l’esecuzione di una Valutazione di impatto sulla protezione dei dati[3] per trattamenti eseguiti mediante sistemi di videosorveglianza, ma diverso ragionamento deve essere fatto per la consultazione preventiva, anche questa prevista sia dal GDPR che dal D.Lgs. 51/2018, ma con una fondamentale differenza. L’articolo 36 del GDPR, prevede che prima dell’avvio del trattamento, qualora la Valutazione di impatto abbia rilevato un rischio elevato in assenza di misure adeguate, il titolare consulti l’autorità di controllo. Il D.Lgs. 51/2018, oltre che in tale ipotesi, all’articolo 24 prevede la consultazione preventiva anche quando: il tipo di trattamento presenta un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati anche in ragione dell’utilizzo di tecnologie, procedure o meccanismi nuovi ovvero di dati genetici o biometrici. Sul fronte bodycam, la questione è divenuta scottante a partire dall’estate del 2021, quando, dopo anni di sperimentazione, le Forze di polizia nazionali (Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri) hanno trovato la quadra sull’impiego delle telecamere indossabili, sottoponendo all’Autorità Garante le rispettive Valutazioni di impatto sulla protezione dei dati. Il Garante, oltre a fornire indicazioni sulle migliori misure da adottare, tenuto conto delle finalità perseguite[4] si è espresso circa la necessità della consultazione preventiva prevista dall’articolo 24 del D.Lgs. 51/2018, proprio in ragione delle modalità del trattamento, del tipo di dati gestiti e delle finalità perseguite. È del tutto evidente che un trattamento analogo, per quanto possibile, da parte delle polizie locali non può sottrarsi al medesimo adempimento, ma è altrettanto vero che il perseguimento di finalità differenti da quelle contemplate nella Direttiva UE 2016/680 e nel D.Lgs. 51/2018 inquadrerebbero in modo diverso l’impiego delle bodycam. L’attività di Polizia locale: le finalità di sicurezza urbana, tutela della sicurezza del lavoro e del patrimonio aziendale Come si è detto in precedenza laddove i compiti di sicurezza urbana tipici della Polizia locale si sovrappongono a quelli di prevenzione e repressione di reati (verrebbe da dire altrettanto tipici), l’impiego di telecamere indossabili non potrà essere sottratto a tutti gli adempimenti che il Garante ha indicato alle polizie statali. Diversamente, un trattamento che mira a finalità strettamente di tutela della sicurezza urbana e del degrado[5], inteso come insieme di quei comportamenti illeciti (amministrativi) che minano la vivibilità delle città, dovrà soddisfare la sola normativa generale contenuta nel GDPR in quanto l’accertamento di reati sarà esclusivamente eventuale e incidentale, rispetto all’uso “ordinario” in ambito di accertamento rigorosamente amministrativo[6] oltreché di tutela dell’incolumità del lavoratore e del patrimonio aziendale. In tal senso, è a maggior ragione necessario sottoscrivere l’accordo sindacale, o in mancanza ottenere l’autorizzazione dell’ufficio territorialmente competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro, previsti dall’articolo 4, comma 1 della Legge 300/70, “Statuto dei lavoratori”. Di conseguenza il trattamento può prescindere da un abituale impiego per finalità di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali. Tuttavia, non sarebbe esclusa l’utilizzabilità anche in ambito penale qualora, in via straordinaria le riprese dovessero riguardare comportamenti che trascendono nel penalmente rilevante in modo del tutto non preventivabile[7]. Un passo in avanti per la tutela degli operatori I compiti della Polizia locale sono molteplici e in ogni ambito di intervento sono presenti dei rischi per l’operatore, ma al contempo altri diritti e libertà – del cittadino e del lavoratore stesso – da contemperare. La visione sin qui riportata, infatti, pone quale prioritaria la tutela dell’operatore di Polizia locale, attraverso l’uso di strumenti volti a garantire la sicurezza sul lavoro e di protezione del patrimonio dell’amministrazione, senza tralasciare aspetti specifici dell’attività tipica di polizia – in particolare nell’ambito della polizia amministrativa – e infine, seppur in via straordinaria l’attività propria della polizia giudiziaria. Non si tratta quindi di un ridimensionamento teso a sminuire il ruolo dell’operatore di Polizia locale, ma piuttosto di un ragionamento logico mirato all’impiego di dispositivi quali le bodycam, per la finalità primaria per la quale sono state concepite, ossia la sicurezza degli operatori che le indossano. Ciò, chiaramente, non può prescindere da una preliminare ponderazione della necessità e proporzionalità del trattamento e da una attenta analisi dei rischi connessi al trattamento e all’individuazione delle opportune misure di sicurezza necessarie a mitigarli, ossia una corretta Valutazione di impatto sulla protezione dei dati e una puntuale disciplina operativa. [1] Nello specifico nei trattamenti di “dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali”. [2] Provvedimento n. 74 del 23/02/2017 – doc.web n. 6197012 – “Parere sullo schema di decreto del Ministero dell’interno per l’attuazione dell’art. 53 del Codice in materia di protezione dei dati personali, concernente i trattamenti non occasionali di dati personali effettuati, con strumenti elettronici, da forze di polizia”. [3] La valutazione di impatto sulla protezione dei dati nell’ambito dei trattamenti mediante videosorveglianza pubblica è prevista dall’articolo 35, paragrafo 3, lettera c) del GDPR e dall’articolo 23 del D.Lgs. 51/2018. [4] Si tratta di dispositivi in uso ai reparti destinati a Servizi di Ordine Pubblico, in un contesto di prevenzione e repressione di illeciti penali e con il frequente trattamento di particolari categorie di dati in ragione dell’ambito di impiego (manifestazioni di varia natura). [5] Ossia dove non ci si trovi in quella situazione di sovrapposizione tra sicurezza urbana e prevenzione/repressione dei reati. [6] Ai sensi dell’articolo 13 della Legge 24 novembre 1981, n. 689. [7] In tale ipotesi l’utilizzabilità dei filmati sarebbe soggetta al combinato disposto degli articoli 160-bis del D.Lgs. 196/2003 e 191 e 348 c.p.p.