L’utilizzo delle bodycam, da parte delle Forze di Polizia, viene disciplinato da un complesso sistema normativo che impatta una pluralità d’interessi. Si spazia dalla privacy dei soggetti ripresi, alla sicurezza degli operatori.

Condizioni tecniche e aspettative

Forze dell’ordine e Pubbliche Amministrazioni hanno compreso quanto la tecnologia possa apportare un contributo significativo nella sicurezza. Tra questi strumenti l’utilizzo delle bodycam, specie nell’ottica di una transizione digitale, può esserne un proficuo esempio.

Prescindendo dai brand utilizzati, gli elementi d’interesse dei particolari devices sono vari. Si pensi all’assicurazione della sicurezza dell’operatore, alla qualità del dato, eventualmente opponibile a terzi, anche permettendo la cristallizzazione dell’evento scatenante l’attivazione di quello stesso dispositivo. Infine, una maggiore certezza di imparzialità anche in favore della controparte.

I vantaggi, specie sulla richiamata imparzialità, sono sicuramente di tipo etico – a doppia tutela, appunto – oltre alla mera raccolta ricognitiva di eventuali evidenze. Per forza di cose viene interessata anche la prossemica, quindi il linguaggio non verbale assunto dalle parti.  Evidentemente, tali elementi comunicativi sono posti in essere in quei particolari frangenti e possono rivestire una loro autonoma importanza, permettendo una contestualizzazione di quanto accaduto.

Soluzioni pratiche e tecniche vogliono che i devices siano valutati anche in funzione di quella leggerezza e facilità di utilizzo – nella piena disponibilità dell’operatore, ovunque egli si trova (automontato o appiedato), cui si aggiunge la qualità delle immagini, la durata della batteria e la crittografia dei dati (si potrebbe aggiungere lo streaming dei dati e la capabilità dello storage).

Il quadro d’insieme sarà completato con una cornice normativa quanto più chiara possibile. La tematica della sicurezza presenta infatti varie declinazioni in funzione del contesto nel quale si opera. È lo stesso Garante privacy a ricordare ciò, già nel febbraio 2017, in suo parere espresso sullo schema del decreto ex art. 53 del previgente Codice in materia di protezione dei dati personali.

bodycam forze di polizia

Pubblica sicurezza o polizia amministrativa?

Scrive il Garante: “Orbene, non compete a questa Autorità stabilire la nozione, in termini assoluti, di “Polizia Amministrativa” in tutte le sue declinazioni, anche tenendo conto che gli aspetti della nozione sono strettamente legati al contesto in riferimento al quale il termine è impiegato. Spetta, invece, a questa Autorità valutare se i trattamenti inseriti nella bozza di decreto sottoposto alla sua valutazione rientrino nella nozione di “trattamento per finalità di polizia” come legislativamente determinato dal Codice stesso.”

L’importanza di questo richiamo risiede nell’ontologica previsione che la pubblica sicurezza, quindi la prevenzione dei reati, sia una branca della polizia amministrativa.

Non si deve meravigliare il lettore per tale precisazione. Il Garante, valutata la congruità di dati per il trattamento del CED Interforze, si è soffermato sul distinguo esistente tra polizia amministrativa e pubblica sicurezza.

Il tutto è basato su un criterio contenutistico sulla specialità dei vari rami della polizia amministrativa.

Sicché la “polizia di sicurezza” delinea il contrasto a pericoli e turbative generiche che minano sicurezza e ordine pubblico, la “polizia amministrativa”, affronta pericoli specifici che minaccino la collettività stessa in particolari settori della vita sociale. Da questo ultimo punto, si capirà,  discendono quindi le tante branche a tutela di quanti siano i beni e servizi nell’interesse di quella stessa collettività.

La sistematica, appena qui accennata, ha visto una sedimentazione davvero importante nel tempo: leggi costituzionali; leggi delega; decreti legislativi; testi unici; riforma del titolo V della Costituzione; decreti sicurezza (vari); riassetti organizzativi Enti locali (in attesa di ulteriori riforme); “creazione di neologismi”, come il differenziare (con relative linee guida) la sicurezza pubblica dalla sicurezza urbana; linee guida del Garante Privacy e innovazione di quest’ultima materia (GDPR e decreto polizia).

Attesa l’adozione di strumenti che migliorano l’attività di controllo del territorio, in Italia le forze dell’ordine utilizzano le  bodycam per i servizi di ordine pubblico, almeno quelle nazionali. Il Garante della privacy, infatti, con due pareri distinti, ha dato assenso all’utilizzo di tale tecnologia per l’Arma dei carabinieri  e la Polizia di Stato. L’autorizzazione prevede il caso vi siano delle criticità durante le manifestazioni presidiate dai Reggimenti/Battaglioni/Reparti mobili. La stessa, preceduta da una sperimentazione nel senso, non integra dispositivi tecnici diretti a consente l’identificazione univoca di una persona fisica (facial recognition)”.

Sottile, rischia di essere, infatti, la differenza tra “sorveglianza di massa” e “sicurezza”. Sul tema è necessario esprimersi sempre con pacata sensibilità, significando il non estremizzare in alcun senso.

Con “sorveglianza” si potrebbe qui intendere un’attività massiva, derivante dall’interessare, con il cono di ripresa, un numero non meglio definibile di individui. Andando – potenzialmente – a poter carpire interessi/abitudini degni di tutela. Modalità, questa, assolutamente nociva, oltreché vietata da disposizioni nazionali (e proroghe) e sovranazionali, che impatta su tutta una serie di caratteristiche come la minimizzazione del dato, la proporzionalità – nell’utilizzo di particolari strumenti – anche in funzione delle prerogative dei vari enti concorrenti (“Il Comune, per esempio, non ha compiti di ordine pubblico. Poi, perché al Ministero dell’Interno dovrebbero interessare le targhe delle auto nella Ztl?”).

Le regole d’ingaggio

In linea di massima queste si riferiscono all’attivazione della camera allorquando il contesto lo richieda. Ovviamente i fotogrammi d’interesse potranno poi essere lanciati in ricerca nel SARI per arrivare a identità degli individui.

Le immagini avranno un periodo determinato di conservazione (sei mesi).Foto e filmati successivamente”, si legge, saranno “trasferiti nei totem per lo stoccaggio e gli altri trattamenti“, questo per favorire le analisi di “elementi probatori in ordine a condotte di natura penale […].”

Le forze di polizia a livello nazionale hanno fatto pervenire una DPIA – valutazione d’impatto – al Garante, circa l’impiego di questi devices anche nei servizi di prevenzione generale. Ovviamente il contesto di riferimento è molto più complesso di quanto avviene in ordine pubblico. La quotidianità presenta delle fluttuazioni contingenti. Tutto ciò significa il prestare molta attenzione all’uso di “strumenti propri”, anche per quanto concerne l’utilizzo di fototrappole (per esempio: contrastare inciviltà in tema di rifiuti).

Non bisogna meravigliarsi che nel piano delle attività ispettive (secondo semestre 2023) del Garante Privacy, sia compresa la verifica degli strumenti di controllo/riconoscimento facciale.

Silvestro Marascio