Negli ultimi anni tantissimi sono i ragazzi – ma anche professionisti già affermati – che hanno esposto la loro immagine su varie piattaforme social. I profili nascono in “modo del tutto naturale”, sull’onda della moda del momento, che potrebbe anche influenzare l’ascesa di un certo format rispetto ad altri.

Si pensi all’evoluzione avuta, anche con relativa diaspora di utenti (a momenti alterni), tra Facebook (Meta) e Instagram, passando – e rimanendo solamente nell’universo fotografico – per Flickr, oppure TikTok, Twitter, Youtube e ora Threads. O ancora, all’ascesa e al declino anche di app affini, si pensi a Retrica. Ovviamente anche i non professionisti potrebbero diventare tali grazie alla condivisione di propri contenuti, alla viralità che gli stessi potranno assumere e alle interazioni conseguenti.

Social & Sicurezza

Il tema rappresenta un connubio particolare. Lo stesso ritorna prepotentemente d’attualità ogni qualvolta si verifica un incidente, di qualsiasi natura, che possa destare l’opinione pubblica in modo importante.

Recentemente si potrebbe citare un episodio di cronaca che ha visto coinvolti un gruppo di youtuber, a Roma. Un tragico incidente stradale dove, da un “semplice video”, è possibile avviare una serie concatenante di elementi che spaziano dal settore amministrativo a quello processual-penalistico, alla sicurezza urbana. Il tutto sottendendo l’acquisizione dello stesso materiale mediatico, quale ideale volano investigativo per la ricostruzione criminodinamica degli accadimenti.

Prescindendo dall’argomento in questione, giova precisare che l’impatto della vita social ha dei riscontri obiettivi e penetranti nella vita reale. Si pensi alla necessità avvertita dal legislatore, in questo specifico frangente, di intervenire, riformando taluni articoli del codice della strada.

Ovviamente va notato, nel particolare momento, come le modifiche intervenute al CdS, oppure auspicate, nell’ottica della “tolleranza zero”, sottendono due matrici differenti. Da un lato si risponde all’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione Europea e quindi relative a procedure di infrazioni contro l’Italia, intervenendo, anche, sui limiti alla velocità. D’altro canto è intercettato l’allarme sociale ingenerato dal particolare episodio prima richiamato. A seguito di quest’ultimo è infatti il legislatore a ipotizzare delle nuove limitazioni alla guida, in funzione dell’esperienza del conducente e della potenza del veicolo che può essere dallo stesso utilizzato, quindi dell’assunzione di alcolici o stupefacenti.

Circa l’impatto sulla vita reale di comportamenti virtuali (o “virtualizzati”, ndr.), è possibile leggere recente Cassazione sul punto. Tra le tante, potrebbe risultare d’interesse, la sent. n. 18518 del 28.06.2023 – sez . lavoro (giuslavoristi.it).

Nel caso di specie si fa riferimento non già alla violazione della legge penale, almeno in senso stretto, dato il tema sullo sfondo, bensì al licenziamento (disciplinare) di un’autista di bus del servizio pubblico. L’episodio ha come tema narrante il caricamento su youtube di un video che riprendeva un alterco tra l’autista e un automobilista.

Nella disamina affrontata, attraverso la visione del video, è stato possibile riscostruire la successone degli avvenimenti che hanno portato dall’iniziale alterco tra i due utenti della strada, al conseguente atteggiamento aggressivo e proattivo, tenuto dal dipendente della municipalizzata.

Si è qui utilizzato il termine di “comportamento virtualizzato” perché l’esigenza testimoniale è considerata, solitamente, come una percezione visiva riportata da taluno che assiste a un accadimento. Nel caso di specie tale testimonianza viene resa attraverso la forma di un documento acquisito dalla piattaforma digitale.

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Piattaforme e informazioni acquisibili

Prescindendo dalla polemica, condivisibile o meno, sul potere implicito che possono avere i GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) nella società contemporanea, ogni servizio online è dotato di un “ufficio sicurezza” che può essere chiamato a collaborare con le FF.OO. e l’Autorità Giudiziaria per la prosecuzione di un indagine.

Il device, qualunque esso sia, è un tramite attraverso cui le foto e i video si realizzano per poi veicolarli in rete.  La circolazione degli artefatti realizzati si avrà attraverso le varie app che, nel quotidiano vengono utilizzate dall’utenza. Spaziando dai servizi di messagistica, whatsapp, signal, telegram, per citarne alcune, alle piattaforme già viste in precedenza. Ovviamente rimarranno residenti sul device o nei backup le informazioni d’interesse e comunque gli stessi potranno essere recuperate secondo le best practices conosciute dalla digital forensics. Spaziando dall’individuazione della fonte di prova, alla sua acquisizione, continuando con la preservazione della stessa (catena di custodia del reperto ed hashing – algoritmo che permette di validare l’integrità e l’autenticità dei dati ) per poi favorirne l’analisi e la presentazione della reportistica necessaria.

Per le attività appena velocemente tratteggiate sarà possibile utilizzare sia prodotti commerciali che non brandizzati, in entrambi i casi si possono richiamare (sul panorama italiano) la distro di Tsurghi Linux, Hashgen, ovvero, per l’acquisizione di contenuti online, Faw. Ancora, interessante, è apprezzare l’evoluzione del particolare contesto (spaziando dalla sicurezza, all’incident response e quindi all’approccio forense) seguendo i talk di manifestazioni come HackInBo, RomaHack e RedHotCyber (conference 2023) oppure di Berghem-in-the-Middle ETS (conference 2023) e ONIF.

Arrivando alla conclusione, la complessità delle investigazioni in parola sarà data dalle condizioni del particolare dispositivo in esame, dalle capacità tecniche dell’indagato, dalla collaborazione che potrà essere offerta dalla piattaforma con cui, il dato ufficio di polizia, si dovrà interfacciare, specie in funzione del reato investigato e della reciprocità rispetto alle norme esistenti oltreoceano (esempio da manuale è la diffamazione, in Italia reato perseguibile, negli USA ricadente nella sfera del libero pensiero critico).

Silvestro Marascio