Disastri climatici e sicurezza urbana: la sfida delle città resilienti

Disastri climatici e sicurezza urbana: la sfida delle città resilienti

Il modello della smart city, che punta a migliorare il benessere dei cittadini attraverso le nuove tecnologie, è ormai sempre più presente nell’immaginario collettivo. Lo è molto meno quello, ad esso strettamente collegato e altrettanto importante, delle città resilienti.

La resilienza di una città si misura in base a quanto essa riesce ad adattarsi e a reggere l’impatto causato dalle situazioni di crisi. Se la pandemia è stata certamente quella più evidente negli ultimi anni, e che più ha messo a dura prova le aree urbane di tutto il mondo, la necessità di sviluppare l’idea delle città resilienti era già presente.

Infatti, col cambiamento climatico, sono sempre più frequenti (e non da oggi) le emergenze legate a fenomeni di siccità, ondate di calore e alluvioni, mentre la rapidissima evoluzione tecnologica ci pone davanti a problemi di sicurezza e rispetto della privacy. La sfida, per le città, è adattarsi ai cambiamenti e rispondere efficacemente alle crisi, diventando resilienti oltre che smart.

 

Tra problemi ed esigenze: perché nascono le città resilienti

La resilienza urbana ha il proprio fulcro nella flessibilità ai cambiamenti, sia in ambito strutturale che in ambito prettamente sociale.

Gli agglomerati urbani, infatti, sono intrecciati all’ecosistema che li ospita ma sviluppano anche un proprio microclima. L’asfalto, l’inquinamento e le imponenti infrastrutture fanno sì che il clima nelle aree urbane sia diverso anche solo rispetto alla campagna circostante, che è in genere meno vulnerabile alle ondate di calore e ha un’aria più pulita. Le città inoltre producono, e dunque devono smaltire, ingenti quantità di rifiuti.

Questa complessità di elementi da armonizzare deve convergere sempre di più verso un’ottica di sostenibilità.

Le persone che abitano nelle grandi città hanno inoltre bisogno di essere costantemente protette da attacchi informatici e terroristici, di poter accedere in tempo reale a informazioni e comunicazioni, e di avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per affrontare pericoli immediati o incombenti, come alluvioni, lunghi periodi di siccitàcalamità naturali.

Le variazioni climatiche danno anche luogo a fenomeni migratori, che una città smart e resiliente deve sapere interpretare.

 

Per una rete globale di città: il progetto 100RC

Tra le progettualità più interessanti che riguardano la resilienza urbana, la Rockefeller Foundation (RF) ha lanciato nel 2013 100 Resilient Cities (100RC), un’iniziativa che sostiene e finanzia un network globale di città a sostegno delle sfide tecnologiche ed economiche del nuovo millennio. Il progetto intende focalizzarsi sul raggiungimento degli obiettivi della Agenda 2030, documento sottoscritto dai membri dell’ONU.

100RC si occupa di diffondere best practices, promuovere miglioramenti nella governance e costruire un approccio resiliente in 15 settori chiave, tra cui trasporti, urbanistica, gestione dei rifiuti e, soprattutto, adatto a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico. Il report Resilient cities, resilient lives ha raccolto preziose informazioni derivanti dalle migliaia di iniziative attuate nelle città appartenenti alla rete, in tema di nuove opere infrastrutturali, piani di recupero dovuti a disastri climatici e riguardanti la sostenibilità.

Bologna, un esempio in Italia

Molte città nel mondo, oltre ad aderire a progetti come 100RC, sono da anni impegnate a promuovere iniziative di resilienza urbana a breve e medio termine.

Basti pensare al Giappone, tecnologicamente all’avanguardia per la costruzione di grattacieli nonostante il perenne rischio sismico; o all’esempio europeo di Rotterdam, impegnata a progettare case galleggianti e water squares: piazze dedicate al relax e allo svago ma che, in caso di precipitazioni ingenti, diventano vasche di decantazione per le acque piovane.

In Italia, Bologna ha lanciato già nel 2012 BlueAp (Bologna local urban environment adaptation plan for a resilient city), che fa a sua volta parte del progetto LIFE+, finanziato dalla Commissione europea. L’obiettivo è individuare e far fronte alle criticità già presenti nella città e a quelle che stanno emergendo negli ultimi anni.

Sono state individuate tre aree specifiche di studio e di conseguente intervento. Esse includono la siccità, con una campagna di sensibilizzazione per la lotta allo spreco idrico. Vi è poi il problema delle vampate di calore, con l’aumento delle temperature nelle zone urbane, per le quali si è deciso di incrementare le aree verdi, con una crescita del numero di alberi e la realizzazione di orti urbani. Infine, il rischio idrogeologico, che è causa, insieme agli stravolgimenti climatici, di eventi franosi e di alluvioni. Ciò ha portato a una rinnovata politica contro il consumo del suolo, volta a combattere la cementificazione e la crescita del territorio non permeabile alle piogge.

Dopo il termine di BlueAp, avvenuto nel 2015, è stato pubblicato anche il documento intitolato Linee guida, che rinnova i succitati interventi e implementa le tecniche di drenaggio urbano, da un approccio di hard engineering a uno di soft engineering, aggiungendo un focus particolare sulla messa in sicurezza del patrimonio culturale bolognese.

Sicurezza, videocamere e intelligenze artificiali

Non si può, infine, parlare di smart cities senza mettere in primo piano il cittadino, i suoi bisogni primari e la tutela dei suoi diritti fondamentali.

Le esigenze di sicurezza urbana, infatti, coprono spesso le prime pagine dei quotidiani, tra dichiarazioni da campagna elettorale e stanziamenti economici messi a disposizione da Stato e Regioni.

Le città contemporanee si stanno via via popolando di videocamere e fototrappole sempre più sofisticate e performanti, a protezione della sicurezza urbana e a tutela del patrimonio storico-artistico delle città.

La presenza, sempre più massiccia, di questi strumenti nei contesti urbani, non può che stimolare dibattiti circa la proporzionalità del loro utilizzo nonché della compressione che esso produce sulla libertà delle persone.

Sulla base di questi rilievi e in attesa di una regolamentazione più chiara a livello europeo, il nostro paese ha deciso di disporre, attraverso la legge di conversione del DL 139/2021, uno stop temporaneo (fino al 31 dicembre 2023) all’installazione e all’utilizzo di strumenti di videosorveglianza capaci di riconoscere una persona attraverso le caratteristiche biometriche dei loro volti (face recognition). L’approssimarsi della scadenza prevista rende interessante comprendere quali saranno le prospettive future.

Tecnologia è però anche poter elaborare enormi quantità di dati per migliorare i servizi che le città offrono ai propri utenti. Trasporto pubblico, sanità e servizi alla persona sono costantemente al centro di progetti che vedono l’applicazione di algoritmi sempre più sofisticati e intelligenze artificiali a beneficio della vivibilità, dell’ambiente e dei cittadini.

Continuando a immaginare il futuro

Il processo di trasformazione delle città, ormai ben avviato, non può più essere fermato. Le smart cities del domani sono, però, una realtà complessa e ancora in divenire, che necessita di un’attenta progettazione, nell’ottica di gestire le fragilità e di minimizzare le conseguenze, a volte devastanti, delle calamità naturali e non.

Cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse, diritti e libertà dei cittadini, attacchi informatici, sono soltanto alcune delle sfide che le città resilienti dovranno affrontare nel corso del prossimo futuro.

In questo contesto, l’intervento della tecnologia può essere causa di squilibri e discriminazioni, ma, se amministrata correttamente e volta nella giusta direzione, può anche essere fattore di armonia e sviluppo in sintonia con l’ambiente circostante.

Nicola Manzi