Differenziata e bioplastiche: se anche il riciclo della plastica è smart

Differenziata e bioplastiche: se anche il riciclo della plastica è smart

Al cittadino comune che perde tempo e pazienza per fare la raccolta differenziata, difficilmente viene da pensare alla smart city. Troppo moderna e avveniristica per essergli di aiuto in situazioni come queste. Eppure, la “città intelligente” ha proprio la funzione di mettere le nuove tecnologie al servizio della qualità della vita dei cittadini. In questo senso, la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti, oltre a essere parte integrante della vita quotidiana di chiunque abiti in un area urbana, sono un campo in cui c’è ancora molto da esplorare e innovare. Alcuni recenti progetti si stanno occupando proprio di questo.

La plastica e la raccolta automatizzata

Nel contesto del riciclo della plastica, soprattutto (visti i consumi dei residenti) da imballaggio per bevande e alimenti, le città intelligenti possono svolgere un ruolo importante nell’implementazione di soluzioni innovative. Grazie alla creazione di sistemi di raccolta e smaltimento che utilizzano tecnologie come la raccolta differenziata automatizzata o sensori per monitorare i livelli di riempimento dei bidoni, è possibile ottimizzare le operazioni di raccolta dei rifiuti e incrementare il riciclo dei materiali.

Questo può avvenire grazie all’uso, ad esempio, di sensori avanzati, per rilevare e identificare i diversi tipi di plastica in base alle loro proprietà fisiche, come la densità, la rifrazione della luce o la composizione chimica. Altri sensori specifici andrebbero a monitorare il flusso di rifiuti plastici all’interno della città, identificando le aree più soggette alla produzione di essi, sulle quali agire. Anche l’impiego dell’intelligenza artificiale e della visione computerizzata darebbe importanti benefici, permettendo di riconoscere e classificare automaticamente i diversi tipi di plastica in base alle caratteristiche visive. Infine, i progressi nel campo della robotica consentirebbero di automatizzare la separazione dei rifiuti plastici, riconoscendo e selezionando i vari materiali per massimizzare l’efficienza dell’intero processo.

In questo contesto sono fondamentali specifici canali di progettazione e finanziamento che determino il coinvolgimento dei cittadini. Ciò può avvenire, ad esempio, implementando piattaforme digitali che possano dare informazioni sui punti di raccolta, incoraggiando e incentivando i cittadini a riciclare correttamente. Anche il sostegno alla ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo della plastica è ovviamente cruciale, e di questo è ben cosciente anche l’Europa.

Le due strade dell’Ue

L’Unione Europea da anni mette a disposizione diversi milioni di euro per attivare progetti innovativi che possano essere utili per la causa. Volendo semplificare, due sono le linee di pensiero sul tema: una vorrebbe un completo bando dell’uso di ogni tipo di plastica, mentre l’altra si accontenterebbe di bandire la plastica inquinante e non riciclabile, cercando alternative nelle bioplastiche e investendo nella ricerca per procedere ad un’azione di riciclo sempre più completa. Se la prima idea, per ovvi motivi, appare ad oggi troppo complessa da realizzare, la seconda può effettivamente portare forti risultati.

Partendo da queste basi (coinvolgimento dei cittadini e sostegno alla ricerca), è attivo il programma di finanziamento dell’Unione Europea denominato Horizon 2020, che ha fornito supporto finanziario a numerosi progetti che si occupano di città intelligenti e di riciclo della plastica, promuovendo l’innovazione e la sostenibilità in quest’area.

Il progetto upPE-T

Un esempio innovativo è il progetto upPE-T, realizzato in partnership con l’Associazione UNC Umbria, volto all’upcycling (riciclaggio) degli imballaggi per bevande e alimenti PE e PET.

Il PET (polietilene tereftalato) e il PE (polietilene), fanno parte delle materie plastiche più importanti destinate all’industria dell’imballaggio. Quando si parla di imballaggi per bevande e alimenti, si intendono imballaggi che sono allo stadio finale, ovvero prossimi ad essere scartati (nel momento in cui il consumatore fruisce del prodotto) e a diventare rifiuti. Entrambi i materiali sintetici sono ricavati dal petrolio o dal metano, ma presentano una composizione chimica diversa e, pertanto, non possono essere riciclati insieme.

È facile dunque notare come una raccolta dei rifiuti in plastica potenziata dalle nuove tecnologie smart andrebbe a favorire enormemente l’operato di progetti come questo: l’obiettivo finale è infatti ottenere, attraverso il riciclo di tali plastiche non degradabili, bioplastiche (quindi biodegradabili) di alto valore, da utilizzare nella produzione dei nuovi imballaggi per bevande e alimenti.

Ciò contribuirebbe fortemente all’economia circolare europea, che rientra tra le strategie definite dalla Commissione europea. La salvaguardia dell’ambiente, infatti, è uno dei principali obiettivi perseguiti dall’Ue e dagli stati membri. Non a caso, il progetto upPE-T ha già ricevuto una sovvenzione di 7.826.685 euro dalla Commissione europea, essendo classificato come RIA (research and innovation action) all’interno del programma di finanziamento Horizon 2020.

Struttura del progetto

Il progetto upPE-T è promosso dal CETEC (Centro Tecnológico del Calzado y del Plástico) e coinvolge venti partners provenienti da dieci paesi europei:

  • 8 industriali
  • 5 università
  • 4 centri di ricerca
  • Un Comune
  • Un’associazione dei consumatori (UNC)
  • Una Standard Development Organization (SDO)

Il CETEC, coordinatore del progetto, è un’organizzazione con sede in Spagna senza scopo di lucro, fondata nel 1994 e sostenuta dall’amministrazione regionale e dai produttori regionali, con la missione di migliorare la competitività delle PMI e delle aziende regionali del settore calzaturiero e plastico. Attualmente, è formato da quasi 70 PMI e aziende del settore calzaturiero e plastico.

Il CETEC è un punto d’incontro per realizzare progetti di R&S (ricerca e sviluppo), acquisire informazioni legali, finanziamenti regionali e nazionali. Esso è inoltre membro associato del Consorzio delle Industrie Biobased (BIC), e della Rete dei Centri Tecnologici della Regione di Murcia (CECOTEC), riconosciuta come Ufficio di Trasferimento dei Risultati del Governo spagnolo. Inoltre, il CETEC è membro a pieno titolo della Bio-Based Industries Joint Undertaking (BBI JU), un partenariato pubblico-privato tra l’UE e il Bio-based Industries Consortium.

I limiti dell’attuale sistema di riciclaggio

Attualmente, oltre il 98% delle plastiche è prodotto da fonti non rinnovabili. Alcune plastiche sono “bioplastiche”, ma non tutte sono riciclabili, riutilizzabili o biodegradabili. Il PE e il PET sono le principali plastiche utilizzate per gli imballaggi alimentari. La progressiva sostituzione dei prodotti di consumo derivati dai combustibili fossili è fondamentale per decarbonizzare la nostra società, soprattutto per quanto riguarda gli imballaggi a breve conservazione.

Nel 2019, il 19% dei rifiuti plastici post-consumo di imballaggi per alimenti e bevande è stato inviato in discarica, e il 39,5% è stato incenerito per il recupero di energia in Europa. La gestione sostenibile di questi rifiuti in plastica è diventata un problema molto impegnativo per l’industria del riciclaggio a livello globale: è dunque necessario azzerare il conferimento in discarica o l’incenerimento.

Le attuali alternative di riciclaggio hanno tuttavia importanti limitazioni: il riciclaggio meccanico riduce infatti le proprietà della plastica, mentre il riciclaggio chimico per la depolimerizzazione della plastica richiede un’elevata energia e lunghi tempi di reazione per essere efficace. Di conseguenza, solo il 2% dei rifiuti plastici viene riciclato chimicamente.

Upcycling e bioplastiche

L’intento del progetto upPE-T è quello di risolvere queste sfide attraverso una soluzione innovativa per l’upcycling dei rifiuti di imballaggio in PE e PET, trasformandoli in una gamma di bioplastiche biodegradabili e riciclabili (PHBV) nuovamente utilizzabili per la produzione di imballaggi per alimenti e bevande. Per far ciò, il team del progetto, nei primi due anni di operato, ha già raggiunto diversi risultati attraverso gli esperimenti condotti sui materiali in questione: è stato infatti individuato un trattamento chimico che trasforma il PET in una biomassa, che viene poi convertita in PHBV attraverso metodi di fermentazione specifici.

Grazie a queste scoperte, upPE-T valuta di riuscire a ottenere diversi effetti:

  • consentire l’upcycling di circa il 60% dei rifiuti plastici degli imballaggi per alimenti e bevande (PE e PET) entro il 2030;
  • dare un contributo significativo all’aumento degli impianti di riciclaggio dei rifiuti grazie all’introduzione di un sistema biocatalitico innovativo nel settore;
  • definire una tabella di marcia praticabile per garantire che il 60% degli imballaggi in plastica per alimenti e bevande sia prodotto da fonti rinnovabili;
  • favorire l’aumento della consapevolezza tra i cittadini europei sulla capacità di upcycling dei prodotti e dei materiali;
  • facilitare la replicabilità del processo tramite la sua standardizzazione e certificazione, facendo sì che divenga pienamente accettato dal mercato.

Il progetto avrà ulteriori impatti positivi in tutta Europa: sia con la riduzione delle emissioni di CO2 (85,6% rispetto alla produzione di plastica convenzionale), che grazie alla prevenzione dell’invio in discarica di circa 424.000 tonnellate di plastica, oltre (si stima) alla creazione di 25 posti di lavoro diretti e 1500 indiretti.

Sensibilizzazione dei cittadini

Oltre alla prosecuzione degli esperimenti in laboratorio sulle materie plastiche, che verranno effettuati in scala sempre più ampia, upPE-T punta anche a verificare lo stato di sensibilizzazione dei cittadini sul tema e ad agire di conseguenza.

All’interno del progetto è stata infatti condotta un’analisi quantitativa e qualitativa, con ricerche di mercato, per studiare l’attuale atteggiamento dei cittadini europei rispetto all’acquisto e al riciclaggio di imballaggi per alimenti e bevande. Il risultato, molto interessante, è che in effetti il consumatore è disposto anche a spendere di più, se il prodotto risulta ecosostenibile. Esiste dunque una parte di consumatori disposta a scegliere il prodotto non solo in base al costo, ma anche in base all’impatto ambientale, in questo caso legato all’imballaggio in plastica biodegradabile e/o riciclabile.

Tra gli obiettivi del progetto, dunque, c’è anche la sensibilizzazione dei cittadini europei attraverso la creazione di appositi strumenti da fornire loro, come la piattaforma digitale di auto formazione MOOC, al fine di aumentarne la consapevolezza sui benefici che l’upcycling può apportare. Non solo, ma sono previste anche attività di comunicazione del progetto (organizzazione di seminari, creazione di grafiche, articoli e altri materiali) e dei risultati, portate avanti avanti al fine di massimizzare l’impatto di upPE-T.

Damiano Marinelli