Randagi: sono animali da compagnia di serie “B”?

Randagi: sono animali da compagnia di serie “B”?

I pet randagi possono essere soppressi solo se gravemente malati o incurabili, i cani anche per comprovata pericolosità. Vediamo cosa prevede la legge.

Chi è il randagio?

L’aggettivo randagio indica un animale senza padrone, senza una casa e, normalmente, lo si riferisce ad un gatto, da sempre simbolo di libertà, ma è chiaro valga per qualsiasi animale che si trovi nella stessa condizione: un cane, una pecora, un volatile.  Il randagio è un animale libero e come non pensare ai gatti di Roma citati anche da Trilussa o ai gatti randagi mansueti e socievoli che si incontrano ad Atene perfino nell’Acropoli. Sì, perché il gatto randagio anche senza padrone e casa è sempre un animale da compagnia abituato da millenni all’uomo e, quindi, alla convivenza. Il cane randagio è meno frequente, normalmente non ha padrone ed è libero di girovagare perché abbandonato dall’uomo.

La normativa

La l. 281 del 1991 difatti distingue tra gatto che vive in libertà, il gatto randagio, e il cane vagante.

Questi ultimi una volta catturati devono essere condotti presso i canili comunali o rifugi per cani assicurando loro buone condizioni di vita e il rispetto delle norme igienico-sanitarie.

La prima tutela per i cani randagi è quindi la cattura e custodia adeguata. Ma si va oltre: con ordinanza 6.8.2008 il Ministero della Salute ha fatto obbligo di applicare al cane il microchip, con iniezione sottopelle, sostituendolo al vecchio tatuaggio previsto dalla l. 281 del 1991 come strumento di identificazione dell’animale.

Attraverso la sigla di riconoscimento del tatuaggio o la lettura del microchip è possibile identificare il padrone dell’animale che, se si è perso, può così essere riconsegnato al proprietario. La possibilità di identificazione dell’animale previene inoltre l’abbandono, fenomeno tristemente noto specialmente in alcuni periodi dell’anno ma anche frequente per effetto di scelte non consapevoli né responsabili di introdurre in famiglia un cane con conseguenze magari non calcolate né prevedibili prima.

La presenza di un animale in famiglia può infatti cambiare gli equilibri e le abitudini e, piuttosto che affrontare la novità, si risolve con la scelta irresponsabile ma più semplice: abbandonare l’animale pensando che sia lui il problema. L’identificazione del padrone attraverso il microchip scoraggia quindi atti vili del genere.

La banca dati canina

Con la stessa ordinanza 6.8.2008 si è istituita anche la banca dati canina nazionale per assicurare una gestione coesa dei dati della popolazione canina tra regioni ciascuna delle quali ha la propria anagrafe canina. Sul sito del Ministero della Salute alla voce banca dati digitando il codice del microchip o del tatuaggio è possibile, infatti, conoscere l’anagrafe di provenienza dell’animale e quindi poi risalire al proprietario.  Rendendo il sistema più efficiente è chiaro la tutela sia più efficace.

Il ruolo degli enti locali

Spetta ai comuni identificare e registrare in anagrafe canina i cani rinvenuti o catturati nel territorio e quelli ospitati in rifugi o canili.

Se il cane catturato non viene reclamato entro 60 giorni, può essere ceduto a privati o a associazioni protezionistiche che però diano garanzie di un buon trattamento e previo trattamento profilattico contro rabbia o altre malattie trasmissibili.

Quindi si privilegia il ricollocamento dell’animale con attenzione alla salute pubblica. Per il randagismo del cane si è optato per un sistema di rintracciabilità e controllo finalizzato comunque al reinserimento dell’animale con l’uomo sotto controllo sanitario. Il cane perso o abbandonato tendenzialmente deve avere una nuova casa. Discorso diverso per il gatto, animale libero per natura.

Il controllo sul territorio viene attuato innanzi tutto attraverso le colonie feline, gruppi di gatti randagi stanziati in uno stesso luogo, la cui gestione può essere affidata, d’intesa con unità sanitarie locali, anche ad enti e associazioni private per la protezione degli animali. Se quindi il cane randagio vive in rifugi o canili, il gatto randagio vive in gruppo ma libertà nel suo territorio.

Anche per la colonia felina valgono cura dell’animale e tutela della sua salute cui provvede l’autorità sanitaria competente per territorio.  L’ulteriore strumento per combattere il randagismo è poi il controllo della popolazione attraverso la sterilizzazione cui si deve far carico sempre l’autorità sanitaria competente per territorio.

Cane o gatto, che non abbia proprietario o sia stato abbandonato, è sempre un animale da compagnia non dimentichiamolo, ha diritto alla sua sopravvivenza, ha diritto di vivere una vita in salute e se non c’è un padrone è lo Stato che attraverso Regione, Comune a servizio sanitario se ne fa carico.

Marta Serpolla